lunedì 12 maggio 2008

Storia di una capinera Pt.1

Forse hanno ragione gli altri: probabilmente è arrivato il momento di presentarsi.

Nella nullafacenza più nera di questi giorni primaverili, più accidiosa che mai, mi sto rendendo conto che questo 1° maggio 2008 non si è poi rivelato la grande svolta che aspettavo.
Ma andiamo con ordine, sennò non ci capite niente e gli accidenti che mi state mandando sono più che giustificati...

- Un metro e settanta senza infamia e senza lode, sorriso simpatico e due ancor più simpatiche occhiaie che fanno invidia al testimonial del WWF (non avercela con me, panda, sono tutte naturali, non mi sono rifatta!),
- 27 anni devo dire molto ben portati, se la gente continua a scambiarmi per una che forse non è abbastanza grande per entrare in discoteca,
- confinata al momento nel limbo di “color che son sospesi” tra l'università e quell'affascinante sconosciuto mondo di disoccupazione/precariato/accattonaggio familiare...una inutile e prolissa espressione che traduce la mia misera condizione di tesara esaurita,
- lettrice di italiano all'estero al soldo di una potenza straniera..ma in scadenza di contratto, ahimè,
- in procinto di ritornare tra le mura domestiche, dove non mi sono mai sentita troppo a mio agio e un giorno o l'altro vi spiegherò pure perché..anche se ribadire il fatto che ho 27 anni dovrebbe bastare a chiarire il concetto, per adesso....
- bilingue per nascita: di ascendenza laziale (ma nel senso buono del termine, come mi spiegava un mio amico romanista), trapiantata ancora in tenera età in Abruzzo e ivi cresciuta, ho appreso ben presto la differenza tra l'italiano, lingua ufficiale di casa mia, parlata a scuola, a casa, al catechismo, in piscina, a ginnastica ritmica e dintorni, e la forza centrifuga e dissacrante del dialetto, rappresentata fin dai giorni più lontani dalla presenza eversiva di mia madre.
Ora, non pensate male: mia madre è una maestra, che da decenni continua a raccogliere l'affetto dei suoi scolari e la stima di genitori e colleghi per la sua bravura, ma...bisogna anche ammettere che non è ancora riuscita a pronunciare in modo decente il suono “gli” dacchè la conosco (e ripeto, anche se non ero pienamente cosciente nelle prime fasi dell'esistenza, sono pur sempre ben 27 anni!). Lo pronuncia da romana, “j”...fiji, foji,famija, e via così.
E' inutile, non ce la fa: mi ricordo anche un periodo che a casa ci mettemmo tutti e tre (io, mio padre e mio fratello) a tentare di farle uscire un “gli” fatto bene...uno solo, per toglierci questa soddisfazione...niente da fare: mia madre ha resistito. Ci siamo schiantati come kamikaze inviati da Dante “Osama” Alighieri contro il muro della sua lingua madre, il reatino, una specie di contaminazione tra aquilano (e quindi uso della “u” al posto della “o” e via dicendo) e romano, a cui va aggiunta una particolare accordatura delle corde vocali. Credo si tratti di una posizione della gola e delle corde che permette di raggiungere un volume stratosferico di suono (ed infatti, nel paese di mia nonna, viene usato per chiamare dall'uscio di casa persone che si trovano a qualche chilometro di distanza...è gente che non ha bisogno del telefono, quella che vive in campagna!)...peccato che, oltre al volume, renda la voce estremamente grossolana e alquanto burina, se così posso esprimermi.
Vi consiglio un giretto in quel di Rieti: vi sfido a trovare 5 persone che usino un tono di voce normale per più di tre minuti consecutivi, e senza trovarsi di fronte ad un funerale.
Ah, altra condizione per vincere questa mia sfida personale: queste 5 persone non devono appartenere alla stessa famiglia...sennò è troppo facile! :-D
Nell'attesa che qualcuno raccolga questo guanto di sfida, vi sconsiglio di soggiornare in questa bella città in caso soffriate di mal di testa, emicrania, otite, perforazione del timpano ed altri simpatici disturbi del genere: nei primi casi, finireste per tentare il suicidio dando capocciate al muro, dopo esservi inutilmente attirati le antipatie degli abitanti chiedendo loro di abbassare la voce per N volte; nei casi di problematiche collegate all'apparato uditivo, potreste perfino correre il rischio di diventare famosi...ma solo se siete in grado di scrivere la “Patetica”, sia ben chiaro. (n.d.Ludwig v.Beethoven)
Tralasciando questo discorso che magari può interessarvi...ma magari anche no, riprendiamo quello che riguarda la mia posizione nei confronti del dialetto. Sono stata logicamente abituata ad ascoltare l'italiano, in casa e a scuola, per la maggior parte dell'anno, per poi confrontarmi occasionalmente col dialetto abruzzese (i parenti nella mia città, appunto, ma anche i semplici compagni di classe) e per lunghi periodi con la parlata reatina. E qui devo ringraziare mia nonna Virginia, se ho avuto modo di mettermi alla prova, ancora prima di imparare a camminare, come esperta di lingue: i primi anni di vita trascorsi a Rieti, dove passavo con lei la maggior parte del mio tempo libero (e ne avevo tanto, sapete? Tra gli 0 e i 3 anni pare che la vita ti lasci tempo per giocare a buffo...peccato che uno non se ne renda conto subito...uffina!), le vacanze di Natale e quelle di Pasqua, i mesi estivi....li passavo nel paese natale di mamma e lì facevo la mia conoscenza approfondita con tutte le imprecazioni in lingua autoctona di cui mia nonna mi ricopriva.
Nonostante il mio faccino angelico, che quand'ero “zulla” (come si dice in Abruzzo...facciamo vedere che ho imparato anche un po' dell'altro dialetto, sennò i miei concittadini ci rimangono male) era ancora più angelico e tenero, pare che riuscissi a scatenare le ire di mia nonna con gran facilità. Siamo onesti: era lei che perdeva la tramontana con estrema disinvoltura...ma questo comunque mi forniva l'opportunità di ascoltare le litanie di contumelie che lanciava nella sua lingua.
Ne ho ascoltate di interessanti ma, data la presumibile scarsa dimestichezza del mio pubblico col reatino, me le tengo per me, eheheheh!
Sta di fatto che mia nonna, senza volere, mi forgiava a quella che sarebbe stata una delle più grandi passioni della mia inutile e dissoluta vita: le lingue!
C'è da dire che forse si tratta di un gene che ho ereditato dalla famiglia di mio padre: forse avere due zie, le sorelle di mio padre, tutte e due laureate in lingue, può essere un indizio a carico del ramo paterno?!? Può darsi.
Forse mia zia, che mi regalava un libriccino che era una specie di vocabolario illustrato con le parole in inglese, quando ancora non andavo alle elementari...potrebbe essere in qualche modo tra i responsabili.
O forse anche mia madre, che, come dicevo è un'ottima maestra, ha colto questo mio interesse e per quello mi ha regalato “Le mie prime 1000 parole in francese”??? Se potete, cercate di comprare anche voi “Le mie prime 1000 parole in francese”!!!! Qualunque sia la vostra età. E' un libro che tengo ancora col massimo affetto sulla libreria della mia camera, insieme alla mia collezione di gialli Agathachristieiani e Conandoyleiani e Vandineiani, ai fumetti, ai miei libri preferiti in lingua inglese, agli spartiti di canto, agli album di foto, etc etc. Si tratta di un volume blu, con grandi illustrazioni; in quelle realizzate a due pagine, si trovavano le raffigurazioni -che so- di una classe, di una casa, di una spiaggia; tutt'intorno all'immagine, ci sono tanti piccoli disegni che rappresentano gli oggetti presenti nel disegno grande, con tanto di nome francese. La parte di questo libro che mi piaceva di più era che in questi disegni compariva sempre una paperetta gialla, di quelle che si usano per fare il bagno (cioè, adesso non le uso più...però hanno sempre il loro fascino! Prima o poi ritrovo quella di quand'ero piccola...), e bisognava riuscire a rintracciarla, magari nascosta tra i rami dell'albero in giardino, o imboscata dietro al secchio dell'immondizia. Mi rendo conto solo ora che forse questo gioco non risulta particolarmente coinvolgente per chi rientra nell'età media dei lettori di blog...però vi assicuro, amici, che ne valeva la pena! Soprattutto se chi cercava la paperella aveva meno di 6 anni....yuk!!!
Insomma, credo che un po' tutti in famiglia abbiano contribuito a vario titolo nel fare di me quello che sono: una studentessa fuori corso di lingue (molto fuori e poco corso, aggiungerei...vi basti sapere che sono di vecchio ordinamento. E poi dicono che i dinosauri si sono estinti...un po' di rispetto per gli anziani, plìz!), quasi al termine dell'incarico di assistente di lingua italiana in Austria, con una idea sul mio futuro vaga quanto una nebulosa vista con gli occhiali da astigmatico dal campetto di calcio dietro casa mia (che è comodo vedere le nebulose con i telescopi di Monte Palomar!!! Vi piace vincere facile, eh?!?)...

Mbeh mbeh...direi che per adesso mi placo, mi prendo una bella camomilla doppia...on the rocks, che fa più fico...e torno ad importunarvi un'altra volta.
Sleep tight!

p.s.: prometto a tutti gli interessati che, appena torno nella mia cameretta in Italia, vi comunico la casa editrice di quel libro meraviglioso! Nell'attesa di avere questo libro tra le mani, cercate di rilassarvi e di dormire lo stesso...due gocce di Valium fanno lo stesso effetto! ;-PPPP

1 commento:

fabio r. ha detto...

ciao Penny!! ma guarda un po' che caso di serendipity!! beh, che dire? sembri una versione femminile, più giovane e molto più carina del sottoscritto!!
avessi 10/15 anni in meno forse saresti mia moglie e/o sorella :-)
sono stato lettore anch'io dopo la laurea (ad heidelberg) e poi ho continuato a farmi del male ed ora veleggio tra scuole ed università allegramente, da precario / equilibrista delle lingue e dei lavori,..
Chiaramente sei autolinkata da me in automatico!
sai noi linguisti siamo una razza di via d'estinzione (come il tuo panda..)e quindi dovremmo autoproteggerci!!
a presto per una visita più esaustiva, e - mi raccomando - quando torni (o sei già tornata? forse sì..) dimmi tutto della mia amata Emerald island, che mi manca sempre!!

See you (read you?) soon,

fabio